Matteo Marabotto

Matteo Marabotto

Chitarrista

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Foto di Paolo Viglione

Una varietà di pensiero che mi ha permesso di confrontarmi con opinioni e prospettive diverse

Matteo Marabotto è nato a Cuneo nel 2003 e vive a Busca. Dopo aver frequentato il liceo Scientifico di Cuneo attualmente studia ingegneria energetica presso il Politecnico di Torino; suona la chitarra classica e frequenta il terzo anno del triennio al Ghedini con il professor Carlo Fierens: «avendo iniziato a suonare a cinque anni non ricordo di preciso perché abbia scelto questo strumento; forse per propensione naturale o più probabilmente su consiglio dei miei genitori. Ho iniziato con il metodo Suzuki presso la scuola Insieme Musica di Cuneo. In parallelo ho studiato privatamente solfeggio e armonia conseguendo le certificazioni in conservatorio da privatista. Dopo aver portato a termine il percorso previsto dal metodo Suzuki, due anni fa mi sono iscritto in conservatorio al corso accademico».

Perché hai scelto di aderire alla proposta di farti fotografare e di raccontare la tua esperienza?

Penso sia doveroso da parte di uno studente che ha ricevuto tanto dal Conservatorio partecipare attivamente alla vita e alle proposte/attività offerte dalla sua scuola. Inoltre mi piaceva l’idea di condividere parte della mia esperienza in Conservatorio.

Cosa significa per te suonare?

Per me suonare è un modo per esprimermi e comunicare emozioni o stati d’animo grazie ad un mezzo estremamente potente e versatile che è la musica. Ormai suonare è diventata per me un’attività così naturale e spontanea che mi accompagna nei momenti più disparati: posso suonare per sfogarmi, per rilassarmi, per studio o per divertimento.

C’è un brano particolarmente significativo per te?

Il Capricho árabe di Tarrega. È uno dei pilastri della letteratura chitarristica, brano che mi ha sempre appassionato; anche dopo averlo portato in diversi concorsi ed esami continuo a sorprendermi quando mentre lo suono scopro nuove sfumature o ascolto nuove interpretazioni da altri chitarristi.

Come descriveresti la tua esperienza al Conservatorio Ghedini?

Dal mio punto di vista è stata e continua ad essere un’esperienza molto stimolante. I numerosi corsi che per sfortuna e/o per fortuna dobbiamo seguire, danno la possibilità di formarsi in quanto musicisti a 360 gradi. Nonostante alcune difficoltà logistiche legate a orari e spazi posso dire di sentirmi a casa quando entro in Conservatorio per questo sono contento della mia scelta e tornassi indietro la rifarei senza alcun dubbio.

Che ambiente hai trovato?

Un ambiente vario, ricco di persone con idee molto diverse tra loro sia in ambito musicale che non. Questa varietà di pensiero mi ha permesso di confrontarmi con opinioni e prospettive diverse e mi ha offerto molti spunti di riflessione.

Qual è l’insegnamento più prezioso che hai appreso in Conservatorio?

Mi sono accorto di come a livello esecutivo si possa sempre migliorare qualcosa senza mai arrivare alla perfezione. Non vuole essere una morale pessimista ma uno sprone, infatti se vediamo la musica come mezzo per comunicare delle emozioni non ci sarà mai un modo perfetto di suonare, ma ci sarà sempre una versione migliore, più curata e vissuta, che ci permette di esprimerci al meglio.

Racconta un aneddoto che è avvenuto in Conservatorio.

Un giorno durante una lezione di storia della musica il professore stava spiegando il teatro verdiano tra arie e recitativi quando la porta della stanza, aperta per il gran caldo delle aule, sbatte per la corrente. Nella libreria accanto alla porta cade un fascicolo e nel girarci la nostra attenzione va sulla foto che ritrae il faccione indignato di Wagner che dalla sua posizione sembrava giudicare il successo del suo rivale.

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Come descriveresti il lavoro nel mondo della musica e in che modo il Conservatorio ti ha preparato ad affrontarlo?

Escluse alcune lezioni private non ho mai lavorato nel mondo della musica. Lavorare con la musica è impegnativo ed è un mondo che non sempre offre la giusta retribuzione e certezza lavorativa, ma in cambio dà grandi soddisfazioni e permette di fare ciò che si ama.

Come ti vedi da qui ai prossimi dieci anni, in relazione alla musica?

Mi vedo laureato e impegnato in qualche gruppo musicale amatoriale. Non mi dispiacerebbe insegnare chitarra in part-time o in istituti privati.

Quali obiettivi o sogni hai?

Spero di riuscire a portare a termine entrambi gli studi musicali e ingegneristici perché, anche se in modo totalmente diverso, mi piacciono tutti e due e sento che ognuno contribuisce a modo suo a formarmi sia per una prospettiva lavorativa sia a livello personale. Nel tempo libero mi piace andare a correre e un giorno sogno di correre la maratona di New York.

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