Jack Ponissi

Jack Ponissi

Tastierista pop

Foto di Paolo Viglione

La ricerca della connessione con il pubblico, in un mondo che sa essere estenuante

Jack Ponissi è nato a Moncalieri nel 1988, ha frequentato il Liceo Classico e, dopo aver studiato per qualche tempo informatica, ha cominciato a suonare. Nel 2013 ha intrapreso la carriera di musicista e si è trasferito a Berlino; dal 2018 è tornato in Italia e si è stabilito a Torino.

Attualmente sta terminando gli studi del terzo anno di tastiere pop, con il professor Diego Baiardi.

Suonare per me è comunicare quel che si ha all’interno. Mi ha sempre affascinato come ogni musicista abbia un proprio suono, facilmente riconoscibile da quello degli altri anche se si stanno usando strumenti che in teoria non rispondono al tocco, come l’Hammond. La ricerca del suono e il creare connessione col pubblico mi hanno sempre interessato. Uno dei miei momenti preferiti avviene quando dopo un concerto ho l’opportunità di osservare gente felice che si appresta a tornare a casa.

C’è un brano particolarmente significativo per te?

A Whiter Shade of Pale: da lì è partito tutto.

Da quanto tempo suoni e come hai iniziato?

Ho preso lezioni di piano da bambino, smettendo alle medie, ho poi scoperto l’Hammond nel 2007 e nel 2009 ho deciso di cominciare a suonarlo.

Quale strumento suoni e come lo hai scelto?

Principalmente l’organo Hammond, fin da quando l’ho sentito per la prima volta sono rimasto colpito dal suo suono e sono stato attirato dall’idea di suonarlo. Oltre a questo suono il piano e canto.

Quali obiettivi o sogni hai?

Il mio obiettivo, da anni, è quello di mantenermi con la musica, come sto facendo, ora mi piacerebbe raggiungere un minimo di sicurezza, in modo da poter magari pensare di avere dei figli.

Musicalmente conto di esplorare ulteriormente i miei strumenti e la composizione, migliorandomi il più possibile. Voglio continuare a suonare professionalmente dal vivo e insegnare. Mi piace comporre e continuerò a farlo, ma temo che la possibilità di farlo professionalmente sia qualcosa che diverrà sempre più rara, la stessa cosa vale per le sessioni di registrazione.

Come descriveresti il lavoro nel mondo della musica e in che modo il Ghedini ti ha aiutato ad affrontarlo?

Il lavoro nel mondo della musica può essere estenuante, il Conservatorio mi ha aiutato nella preparazione tecnica e anche teorica. Ad esempio, sto lavorando a degli arrangiamenti orchestrali e il sapere come dovrebbero muoversi le voci secondo le regole classiche, cosa che al primo anno non avrei mai pensato mi potesse servire, si sta rivelando molto utile nel velocizzare il lavoro.

Che ambiente hai trovato al Conservatorio Ghedini?

Ho trovato un ambiente molto aperto a idee e approcci differenti, in cui è possibile avere a che fare con persone con interessi musicali molto differenti ma aperte a collaborazione. Qui ho imparato che approcci anche molto diversi tra loro possono portare a risultati egualmente validi.

Potete ascoltare i lavori di Jack qui: https://youtu.be/GE34w4K1UXs?si=iqfCkEs0xeSwl1Od

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